Nonostante abbia avuto un momento di rallentamento, quando dopo l’euforia post Covid le previsioni di fatturato e dei ricavi siano tornate a livelli normalizzati, il livelli di finanziamento del venture capital nel settore tecnologico sono in costante crescita in Europa.
Stando infatti al rapporto Titans of Tech rilasciato dall’investment firm Gp Bullhound, dal 2022 il mercato ha raggiunto investimenti totali per circa 15 miliardi di euro a trimestre, in aumento del +50% rispetto al 2019. “Gli investitori continuano a credere nel mercato tech, sono diventati soltanto più attenti alle valutazioni e i processi richiedono più tempo. Non solo si investe, lo si fa più di prima”, spiega in questa intervista Attilio Mazzilli, Managing Partner ed Head of Technology Group presso Orrick Italia.
Avvocato Mazzilli, quali sono i settori principali?
“Big data e Ai, che vedono Francia e Regno Unito quali principali investitori. In generale ciò che piace è soprattutto quelle tecnologie e quelle innovazioni che consentono la riduzione dei costi e maggiore efficienza”.
Parliamo in particolare di Ai…
“Pensiamo solo che sono stati investiti 11 miliardi negli ultimi 12 mesi, il doppio dei finanziamenti registrati in totale pre Covid. L’Europa è già indietro anche se stanno nascendo player importanti ad esempio Mistral Ai, startup francese che ha annunciato un round da 600 milioni di euro”.
Vede una bolla?
“La speculazione sta avvenendo non sull’Ai in sé ma sull’utilizzo del nome Ai e questo sì, può portare a una bolla. È fondamentale quindi definire bene cosa sia l’intelligenza artificiale per evitare che tutto sia cosi classificato come tale, con conseguenze sul mercato”.
L’Italia che prospettive ha nel comparto, considerando il gap rispetto agli altri Paesi europei?
“L’Italia sta facendo emergere, nel suo piccolo, player interessanti che si stanno posizionando all’estero, ad esempio per ciò che riguarda la digitalizzazione delle Pmi, che dopo il covid hanno accelerato il processo di evoluzione tecnologica. Inoltre, esistono tante altre realtà più piccole che da sole fanno fatica a scalare ma sono sinergiche per player più importanti, come ad esempio Shop circle”.
Il pubblico come può supportare?
“Sicuramente lanciando fondi come sta già facendo Cdp Venture capital, che ad esempio all’Ai ha dedicato un fondo specifico da 500 milioni che punterà su dei champions. L’impegno pubblico è anche legato alla sensibilità del tema, che può essere oggetto di golden power, inoltre è un settore molto costoso e richiede dimensioni importanti e in Italia non ci sono molti player con queste le giuste caratteristiche”.
In generale come vede il venture capital italiano?
“Vedo tanti investitori internazionali che stanno arrivando in Italia, da Eurazeo a Deerfield per citarne qualcuno. E questo perché il mercato italiano sta maturando in termini di approccio, founder e qualità, specialmente in ambito b2b. Certo, mancano ancora degli ingredienti, forse servirebbe maggiore collaborazione tra i vari soggetti, ma la direzione è quella giusta”.