Da anni la casa di Eleonora Rocca è Londra eppure il suo sguardo ha continuato a essere rivolto verso l’Italia, cercando di intercettare e di portare qui trend e novità prima nel settore digital con la creazione dell’evento Digital Innovation Day e oggi in tema di empowerment femminile. Una laurea in giurisprudenza e una carriera nel marketing di aziende tecnologiche, oggi Eleonora Rocca è fondatrice e managing director di Women X Impact Summit: l’evento creato nel 2021 per ispirare le donne, formarle e valorizzarle che si svolgerà a Bologna a FICO Eataly World dal 23 al 25 novembre 2023, di cui Dealflower è media partner.

Come è nata l’idea di Women X Impact Summit?

Ho iniziato a pensarci durante la pandemia: uscivo da un momento difficile perché avevo appena lasciato la prima società (Digital innovazione days) che avevo creato da sola. Era un periodo quindi di grande riflessione sull’approccio femminile al business: sui nostri punti di forza e su quelli deboli. Pensieri a cui si è unita la consapevolezza che mancasse un evento verticale sul tema. Negli anni precedenti avevo ricevuto, infatti, tante richieste di donne che cercavano un confronto sul proprio percorso di carriera e questo mi aveva fatto capire che mancavano role model ed esempi a cui ispirarsi.

Cosa deve aspettarsi chi parteciperà?

Ci sarà una parte ispirazionale fatta di keynote speech e tavole rotonde, e una più concreta con workshop sui nuovi trend del digitale, sulla sostenibilità e molto altro. Chi partecipa deve sicuramente aspettarsi di trovare una community accogliente in cui sentirsi al sicuro e dove condividere la propria storia, le difficoltà o la discriminazione subita. Inoltre le grandi aziende presenti daranno la possibilità di presentare il proprio cv e di incontrare i responsabili delle risorse umane.

Hai mai subito discriminazioni per il fatto di essere donna?

Sono stata vittima di violenza psicologica e ho toccato con mano la scarsa presenza di donne in settori maschili come quello Tech o IT. Mi è capitato molte volte di essere l’unica o una delle poche donne presenti alla conferenza o al corso di turno.

Dopo il periodo nero della pandemia l’occupazione femminile è tornata a crescere. L’Italia però sembra avere poco di cui gioire…

L’Italia sconta una cultura che vede il lavoro di cura come qualcosa che riguarda solo le donne. Il risultato è che queste lasciano il lavoro più degli uomini e faticano di più a trovarlo, soprattutto in alcune fasce d’età. Se hai tra i 35 e i 40 anni e fai dei colloqui non è infrequente che ti chiedano se sei sposata o  vuoi dei figli. Si tratta di una discriminazione che andrebbe contrastata con leggi che impongano colloqui egualitari e diano alle vittime la possibilità di rivalersi con forza sulle aziende colpevoli.

Una donna su cinque esce dal mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio. Quali passi concreti si potrebbero fare per evitarlo?

Bisognerebbe creare policy aziendali che facciano riferimento non al concetto di maternità ma a quello di genitorialità, attribuendo all’uomo e alla donna lo stesso numero di permessi. Altre cose utili sono la flessibilità, gli asili nido aziendali e il concetto di lavoro su obiettivi invece che legato a un rigido orario.

Quali competenze e capacità sono secondo te oggi imprescindibili nel mercato del lavoro?

È fondamentale saper lavorare in contesti multiculturali. Imprescindibile è anche la capacità di essere leader, intesa come l’attitudine a trascinare positivamente le altre persone. Un’altra dote utile è l’imprenditorialità cioè la capacità di proporre progetti e idee.

Un’altra forma di discriminazione è il gender pay gap. Come contrastarlo?

A fare la differenza è la capacità delle aziende di costruire percorsi di crescita e di avanzamento salariale legati al merito e non al genere. Serve inoltre una cultura aziendale che aiuti le donne a negoziare il giusto compenso. Se infatti da un lato il gap salariale è legato a una cultura patriarcale, dall’altro bisogna ammettere che noi donne negoziamo poco e male e invece dovremmo imparare a farlo.

Qual è il compito delle istituzioni per cambiare questa situazione? E quale quello di chi fa impresa?

Le imprese possono fare la loro parte ma si tratta di casi singoli, soprattutto in un Paese fatto da un tessuto imprenditoriale di dimensione medio-piccola. Spetterebbe invece alle istituzioni ascoltare le istanze della società civile e del mondo del lavoro e tradurle, dove serve, in leggi. Divulgare, organizzare eventi per sensibilizzare è utile ma se quello che emerge non viene ascoltato dalle istituzioni e dalla politica la strada continuerà a essere in salita.

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