Gender gap, quote rosa ed educazione. Sono alcuni dei temi affrontati nella seconda giornata a Milano del Women’s Forum G20 Italy, ideato con l’obiettivo di realizzare una “A She Covery for all” e mettere il mondo femminile al centro della ripresa dopo la crisi economia e pandemica. L’occasione è anche quella della prima presidenza italiana del G20 e fare quindi pressione a livello internazionale per non limitarsi a discutere della parità di genere, ma anche a formulare soluzioni e proposte concrete, per puntare a una società e un’economia più inclusive, dove le donne hanno le stesse possibilità e risorse degli uomini.
A questo proposito, in apertura al convegno è stato firmato nella sede della Banca d’Italia da 30 amministratori delegati, presidenti ed esponenti di aziende italiane e internazionali il patto per lo ‘Zero Gender Gap’: un impegno concreto di promuovere uguali opportunità di carriera e accelerare la parità di genere all’interno delle proprie aziende.
Tra i firmati, Elena Goitini (BNP Paribas), Antimo Peretta (AXA Europa e America Latina), Jean Pierre Clamadieu (ENGIE), Michele Crisostomo (Enel) Antonella Centra (Gucci), Paola Angeletti (Intesa Sanpaolo), Marco Alverà (Snam), Silvia De Dominicis (Johnson&Jonhnson), Silvia Candiani (Microsoft Italia), Emma Marcegaglia, Lubna Olayan (Olayan Financing Company), Andrea Orcel (Unicredit) Anne Gabrielle Heilbronner (member of the Directoire and Secretary General Publicis Group), Denis Terrien (Salesforce Europa), Carlo d’Asaro Biondo (Noovle), Davide Bollati (Davines), Olivier Micheli (Data 4), Bernadette Bevacqua (Henkel Italia), Blanca Trevino (Softek), Luigi Paro (Spencer Stuart), Yessie Yosetya (XL Axiata Tbk Indonesia) e Massimo Giordano (McKinsey).
Fra gli esponenti delle istituzioni presenti, la vicegovernatrice della Banca d’Italia Alessandra Perrazzelli, la ministra per la Famiglia e le pari opportunità Elena Bonetti e la commissaria Ue per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù Mariya Gabriel e la Presidente della delegazione delle donne all’Assemblea nazionale francese Marie-Pierre Rixain, autrice del progetto di legge sull’uguaglianza economica.
La strada verso l’equità
Diminuire il gender gap non è solo una necessità sociale, ma anche economica. L’84% delle persone che vivono nei Paesi del G20 ritiene che al momento progettare una ripresa economica inclusiva dovrebbe essere una priorità importante. A rilevarlo il Barometro sulla Gender Equality nei Paesi del G20 realizzato dal Women’s forum for the economy and society in occasione del convegno. L’analisi condotta nei Paesi del G20 evidenza, infatti, che il gender gap rimane profondamente radicata e fortemente diffusa nei Peesi più ricchi e che rappresentano l’85% del Pil mondiale, il 75% del commercio internazionale e i due terzi della popolazione mondiale.
Le donne poi non hanno ancora le stesse opportunità degli uomini di accedere a posizioni di leadership. Negli ultimi decenni, alcuni Paesi – tra cui anche l’Italia con la legge Golfo-Mosca – hanno stabilito quote di genere al fine di garantire un’equa rappresentanza delle donne nei consigli di amministrazione. Dopo dieci anni importanti risultati sono stati ottenuti attraverso queste misure e il numero delle donne nei board aziendali è decisamente aumentato. Questo non vale, però, per le posizioni di potere, dove la percentuale femminile è ancora nettamente inferiore rispetto a quella degli uomini. La Francia, ad esempio sta lavorando per fare approvare una nuova legge che punta a raggiungere questo ambizioso obiettivo.
“In dieci anni c’è stato un cambiamento importante della presenza femminile nei board. Le quote obbligatorie sono state fondamentali, ma non è ancora il momento di abbandonarle”, ha sottolineato Alessia Mosca (nella foto di copertina), politica e accademica italiana, attualmente vicepresidente e segretario generale dell’Associazione Italia-Asean. Le quote ci permettono tutt’ora di garantire una diversità nei board. L’obiettivo di vivere in un mondo in cui le quote non siano più necessarie non è ancora stato raggiunto. “A dimostrarlo, nel libro di mia figlia piccola in quasi dieci pagine c’erano solo immagini di uomini e maschi”, ha aggiunto Mosca.
Finanziamenti in rosa
Il passo principale per ridurre il gender gap continuare a muoversi verso un cambiamento culturale, che inizia dall’educazione e si conclude nel puntare e investire nel business femminile tanto quanto lo si fa in quello maschile. “Ora, non fra dieci anni“, ha sottolineato Giovanna Galli, head of financial services practice Emea.
Le donne imprenditrici tendono, infatti, ad affrontare più barriere rispetto agli uomini, compreso l’accesso ai finanziamenti a causa di percezioni errate e pregiudizi del mercato. Colmare il divario di genere nell’imprenditorialità dando alle donne la piena opportunità di raccogliere capitali non sarebbe solo positivo dal punto di vista della società, ma sarebbe anche vantaggioso per l’economia nel suo insieme.
“Oltre ad essere giusto ed equo, diminuire il gender gap è conveniente per il business stesso“, ha spiegato Paolo Grue, ceo di Procter & Gamble Italia. Per farlo l’azione deve avvenire sia garantendo una rappresentanza equa tra i generi all’interno delle aziende, ma anche permettendo agli uomini di assumersi le proprie responsabilità familiari. Le donne, infatti, sono le principali ad occuparsi della cura della casa e della famiglia e la maternità rappresenta spesso un momento critico per le loro carriere.
“Anche l’uomo deve condividere le responsabilità familiari con la donna, avendo di riposo più settimane per prendersi anche lui cura dei figli ed evitando così che ricada tutto sull’altro genere“, ha aggiunto Grue. Una realtà che potrebbe concretizzarsi a livello nazionale e non solo nelle piccole realtà aziendali o private. Il primo passo, infatti, è stato fatto con il voto unanime della Camera per la parità salariale e l’inserimento nel Family Act dell’estensione del congedo di paternità da dieci giorni a tre mesi.